Il Centro Oculistico Quattroelle è nuovamente operativo nel rispetto di tutte le norme di sicurezza necessarie.
Il Personale Medico e di Assistenza è provvisto di adeguati dispositivi di protezione personale e procede regolarmente con la disinfezione di tutto il materiale diagnostico prima e dopo ogni visita.
Un comportamento corretto e rispettoso dei pazienti e del personale è fondamentale per accedere serenamente ed in sicurezza alle prestazioni.
La cura per uveite nelle forme infettive comprende i comuni farmaci antivirali e antibiotici, mirati all’eliminazione dei germi.
Nelle forme di uveite non infettive, invece, l’obiettivo primario del trattamento è il controllo dell’infiammazione prima che questa abbia danneggiato i delicati tessuti intraoculari con danno visivo permanente.
Nel lungo periodo si punta alla modulazione del sistema immunitario per evitare le recidive. Il primo step della cura per uveite è rappresentato dalla terapia cortisonica, steroidi somministrati per via sistemica (orale, endovena o intramuscolare), topica (colliri e pomate) e perioculari (iniezioni sottocongiuntivali o peribulbari) con dosi adeguate al tipo e alla severità dell’uveite.
Si abbonda poi con farmaci adiuvanti come i colliri midriatici/cicloplegici, tipo atropina, dotati di un’azione di blocco del muscolo ciliare con dilatazione pupillare, per garantire l’attenuazione del dolore e la prevenzione della formazione delle aderenze e, nelle forme ipertensive, si prescrivono gli stessi farmaci utilizzati nel glaucoma cronico.
Il cortisone usato per la cura dell’uveite è estremamente pronto ed efficace, in genere, nel ridurre la componente infiammatoria.
Il suo uso nel lungo termine comporta tuttavia una serie di importanti rischi ed effetti collaterali nota come sindrome di Cushing.
La durata del trattamento dell’uveite è un dato estremamente individuale, ma in molti casi bisogna pensare a tempi lunghi (due anni) con necessità di controlli ogni 4-6 settimane.
Se la malattia recidiva dopo la graduale sospensione del regime cortisonico, si prova in genere un ciclo di terapia con antiinfiammatori non steroidei come il naprossene e l’ibuprofene, in cui occorre monitorare la funzione epatica e quella renale, oltre a proteggere la mucosa gastrica con i soliti farmaci inibitori di pompa che si usano nelle gastriti ulcerative.
Se anche questo non funziona, si opta per i farmaci immunosoppressori o immunomodulatori come il metotrexate, la ciclofosfamide e la ciclosporina. Pur trattandosi degli stessi farmaci utilizzati come antitumorali o antirigetto post-trapianto di organi, i dosaggi ridotti e il regolare monitoraggio dei rischi mediante esami del sangue consentono ottimi risultati senza effetti indesiderati in una buona percentuale di pazienti.
In ogni caso, la gestione della terapia sistemica deve essere trasversale, affidata cioè a specialisti in reumatologia, medicina interna e immunopatologia che affiancano l’oculista in una collaborazione sempre più coinvolgente.
Negli ultimi tempi sono stati presentati categorie di farmaci e approcci innovativi per la cura dell’uveite. Ad esempio i modificatori di risposta biologica o BRM (Biologic Response Modifiers) come gli anticorpi monoclonali e le immunoglobuline G, capaci di colpire speciali target a carico del sistema immunitario, riducono in tal modo taluni dei rischi potenziali delle terapie convenzionali.
Da alcuni anni, e non solo per le patologie uveitiche, sono in fase di valutazione gli inserti intravitreali (Figura 4), piccoli presidi che funzionano da reservoir del principio farmacologico. Introdotti chirurgicamente nella cavità vitreale con una procedura semplice e veloce, permettono il rilascio controllato e continuativo delle sostanze terapeutiche (per ora soltanto cortisonici, come l’Osurdex™) riducendo così gli inconvenienti connessi alla gestione di terapie croniche topiche o sistemiche. L’effetto intraoculare dura alcuni mesi.
La diagnosi dell’uveite si avvale della normale visita oculistica, di esami strumentali riguardanti le diverse porzioni oculari (fluorangiografia, OCT, campo visivo, ecografia ad alta frequenza…) e di una serie di indagini sistemiche (Tabella 2), per le quali è fondamentale la collaborazione di diversi specialisti come il reumatologo, l’infettivologo, il pediatra, l’oncologo, l’internista, che affianchino l’oculista nella diagnosi di concomitanti patologie sistemiche.
Gli approfondimenti riguardanti organi o apparati non oculari sono forniti personalizzati per il paziente in base ai riscontri oculari e sono di fondamentale importanza per l’effettuazione di una terapia eziologica, con l’obiettivo di rimuovere la causa reale della malattia.
Nei frequenti casi di uveite idiopatica, la terapia è limitata alla prevenzione delle complicanze, attraverso il controllo (riduzione e/o risoluzione) del quadro infiammatorio.
Malattie del collagene, reumatologiche, patologie sistemiche:
Malattie Infettive
Sindromi Uveitiche
Quando l’uveite non è associata a malattie sistemiche, ovvero si mostra confinata all’occhio ma con modalità caratteristiche:
Le sindromi “masquerade”, situazioni clinicamente identiche alle uveiti anteriori o posteriori, ma che non riconoscono una causa primaria infiammatoria e “mascherano” altre situazioni, sovente di natura tumorale maligna:
Le principali complicanze dell’uveite sono collegate all’aumento della pressione intraoculare, acuto o cronico, secondario all’intasamento delle vie di deflusso dell’umore acqueo e/o alla formazione di aderenze tra l’iride e la cornea o tra iride e cristallino con deformazione della pupilla (glaucoma secondario), all’opacamento della cornea (cheratopatia a bandelletta) (Figura 3a), del cristallino (cataratta, spesso aiutata dalle terapie cortisoniche prolungate) (Figura 3b) e del vitreo, dovuto all’accumulo cronico di liquido nella regione centrale della retina (edema maculare cistoide) (Figura 3c).
La prognosi in genere è buona o accettabile a patto che la diagnosi sia precoce e il trattamento tempestivo. Nei casi più gravi con scarsa risposta alle terapie, tuttavia, la perdita significativa e permanente della vista è inevitabile.
L’uveite, la terza causa di cecità del mondo civilizzato, è l’infiammazione dell’uvea, la membrana intermedia, ricca di sangue, della parete oculare, che gli antichi anatomo-patologi chiamarono così per l’aspetto, simile ad un acino d’uva, del bulbo “sgusciato” del bianco dell’occhio.
L’uvea è divisa in tre parti:
In base al distretto interessato, si distinguono quindi:
Possono essere acute, con insorgenza, remissione ed eventuali recrudescenze nell’arco di giorni o croniche, con durata dell’infiammazione di mesi o anni.
Le iriti o uveiti anteriori sono le forme più comuni (70% del totale). Tipiche dei giovani, si presentano in genere in maniera acuta, improvvisa, con:
Alla lampada a fessura si osservano dei depositi infiammatori sulla parte posteriore della cornea e delle particelle sospese nell’umore acqueo (effetto Tyndall, simile alle particelle rese visibili dai raggi del sole in una stanza poco illuminata, Figura 1c,d); la pupilla risponde male alla luce, a volte a causa di aderenze con la superficie anteriore del cristallino (Figura 1e).
Le forme più intense di uveite possono provocare rialzi anche cospicui della pressione oculare e la formazione di un livello giallastro inferiore, simile a pus (ipopion, Figura 1b).
Le forme intermedie di uveite, sovente definite pars planiti, cicliti o vitreiti, sono più rare (il 10% circa di tutte le uveiti). Si tratta spesso di forme croniche, caratterizzate dall’infiammazione a livello della pars plana con tipici essudati a “fiocco di neve” (Figura 2a), dei corpi ciliari e del vitreo, con percezione di opacità vitreali fluttuanti, stimoli luminosi fittizi (fosfeni) e visione annebbiata. Il dolore è assente.
Le uveiti posteriori (corioretiniti) interessano la retina, la coroide e il nervo ottico. Sono per lo più croniche o ricorrenti, sovente bilaterali, causate da un disordine immunitario sistemico o dalla toxoplasmosi. Il paziente non lamenta irritazione, ma solo annebbiamento visivo, corpi mobili, visione distorta o rimpicciolita, a causa delle opacità diffuse o addensate del vitreo e l’edema della retina. Sul fondo oculare, si osservano i focolai infiammatori, giallastri, spesso associati a fenomeni di vasculite delle vene e delle arterie viciniore (Figura 2b).
Le cause dell’uveite possono risiedere in una miriade di fattori tra loro eterogenei. A parte i fattori aneddotici, come lo stress acuto e cronico (logorio) e le coincidenze ormonali con talune fasi del ciclo mestruale, mai collegati in maniera scientifica agli attacchi; ma tuttavia noti per alterare la stabilità del sistema immunitario, in oltre la metà dei casi non si arriva a identificare il responsabile (forme idiopatiche).
Nelle rimanenti situazioni le cause dell’uveite si trovano in una reazione eccessiva o erronea del sistema immunitario (malattie autoimmuni), a infezioni, traumi o a entità cliniche ben definite, ma la cui causa è assolutamente sconosciuta (Tabella 1). La lista delle situazioni cliniche da ricercare e quindi degli esami da fare è di conseguenza bella corposa (Tabella 2).