Il Centro Oculistico Quattroelle è nuovamente operativo nel rispetto di tutte le norme di sicurezza necessarie.
Il Personale Medico e di Assistenza è provvisto di adeguati dispositivi di protezione personale e procede regolarmente con la disinfezione di tutto il materiale diagnostico prima e dopo ogni visita.
Un comportamento corretto e rispettoso dei pazienti e del personale è fondamentale per accedere serenamente ed in sicurezza alle prestazioni.
Oltre a rimuovere tempestivamente la causa dell’ambliopia (ad esempio, chirurgicamente, nel caso di cataratte o ptosi congenite), occorre interrompere l’azione “inibitrice” dell’occhio fissante, promotore dei meccanismi di soppressione, e stimolare precocemente la ripresa funzionale, retinica e cerebrale dell’occhio pigro.
Contemporaneamente alla rieducazione alla fisiologia del sistema sensorio-motorio con gli esercizi ortottici, si ricorre in genere all’occlusione con cerotto adesivo a pelle (tuttora il metodo più diffuso ed efficace) o su occhiale (Figura 1), con modalità del tutto individualizzate, a volte del tutto empiriche, quindi discutibili e lasciate all’esperienza dell’oculista.
In alternativa si può utilizzare la penalizzazione (sfocamento più o meno intenso delle immagini dell’occhio fissante) con sistemi ottici (lenti intenzionalmente “sbagliate” o filtri autoadesivi su occhiale) (Figura 1d) o farmacologici (instillando un collirio o una pomata di atropina, che blocca il muscolo della messa a fuoco, soprattutto per vicino).
L’atropinizzazione si utilizza in genere per ottenere un’alternanza tra la visione da lontano e la visione da vicino (l’occhio atropinizzato domina da lontano, l’altro da vicino).
Due parole a parte meritano le tecniche pleiottiche di stimolazione strumentale, tuttora controverse nel loro profilo di efficacia. Quando il giovane paziente mostra una sufficiente capacità di collaborare, noi utilizziamo gli esercizi di stabilizzazione della fissazione e di riabilitazione visiva tramite biofeedback, dopo uno studio preciso della sensibilità retinica, degli scotomi e dell’eccentricità della fissazione con microperimetria.
Per combattere l’ambliopia, poiché il periodo critico di “costruzione della visione” va da subito dopo la nascita sino al sesto anno di vita circa, è fondamentale il suo trattamento tempestivo per evitare ripercussioni sociali non recuperabili nell’adulto, come ad esempio l’ottenimento di determinati requisiti lavorativi.
Quindi l’arma migliore resta la prevenzione mediante la diagnosi precoce con le visite di screening, neonatale e pediatrico, guidate nel loro timing dall’anamnesi (precedenti famigliari, problematiche in gravidanza e/o durante il parto…) sui quali l’attenzione da porre non è mai sufficiente. Anche in età tenera, semplici test ci informano sull’obiettività funzionale (Figura 2-3-4).
L’ambliopia (etimologicamente: occhio pigro, che non riesce a valorizzare completamente la sua potenzialità) è una condizione che interessa il 4% della popolazione mondiale (in Italia circa un milione di persone), caratterizzata da una riduzione più o meno marcata della capacità visiva (Figura 5).
In genere monolaterale, l’ambliopia è causata da diverse patologie oculari che impediscono allo stimolo luminoso di raggiungere la retina (Figura 6); nella maggioranza dei casi, tuttavia, si presenta in occhi perfettamente integri dal punto di vista anatomico (Ippocrate, nel 450 a. C., la definì come “la situazione che si ha quando il medico non vede – alterazioni oculari – e il paziente non vede”).
In questi occhi viene meno la corretta stimolazione sensoriale dell’apparato visivo nel periodo critico di sviluppo organico, a causa di strabismi (per eliminare confusione e visione doppia causata dall’incompatibilità delle due immagini retiniche, l’immagine peggiore viene esclusa a livello cerebrale, creando una zona di non percezione nel campo visivo, chiamato scotoma da soppressione) o difetti di rifrazione non corretti, soprattutto se asimmetrici (situazione detta anisometropia, in cui la differenza di dimensione, o aniseiconia, impedisce la fusione cerebrale delle immagini retiniche; il soggetto esclude l’occhio peggiore, in genere il più astigmatico.